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Le parti tra virgolette senza nome si riferiscono all’autore del libro.

Una fase della nostra storia nazionale – la cosiddetta seconda repubblica – sta volgendo al termine.
E’ al tramonto quel periodo storico, politico e sociale, del nostro Paese che ha avuto politicamente inizio all’indomani di Tangentopoli, che ha registrato diversi accadimenti (tra i quali la nascita di nuovi grandi partiti come il partito democratico) dominato soprattutto dal protagonismo di due fenomeni politici, il berlusconismo ed il leghismo nordista e conclusosi con la nomina di un governo tecnico per evitare il baratro finanziario. Berlusconismo e Leghismo che hanno rappresentato (con le dovute e debite distinzioni) un evidente quanto moderno e democratico ricorso storico di quello che fu il fascismo in Italia, ossia una ansiosa voglia di sicurezza, di ordine, di efficienza collettive contro il disordine, la complessità, la lentezza, la farraginosità, tipica dei sistemi corrotti, con forme di razionalizzazione impulsive, giustizialiste, rivolte soprattutto nei confronti del settore pubblico, accusato di essere fonte e alveo di sprechi. Un tentativo di razionalizzazione gridato, violento, esasperato. Ma come tutte le risposte improvvide e impulsive, mi pare che il berlusconismo ed il leghismo, come il fascismo, abbiano finito con il fare più danni di quanti ne fossero stati eletti a risolverne, lasciando il Paese in una crisi peggiore di quella che erano stati chiamati a contrastare. Nell’impresa dichiarata di voler modernizzare e razionalizzare il Paese, ne hanno strumentalizzato la paura, hanno fatto leva sulle divisioni (tra ricchi e poveri, tra funzionari del settore privato e funzionari del settore pubblico, tra uomini e donne, tra autoctoni e stranieri, tra settentrionali e meridionali). Il Governo più nordista credo che la nostra Repubblica abbia mai avuto. Individuando dei capri espiatori dei mali nazionali: prima i burocrati ed i fannulloni della pubblica amministrazione, poi i meridionali, gli stranieri, i giornalisti critici, i magistrati, i comunisti, e così via. Diversi gli attacchi e le invettive contro il Parlamento, le università, la stampa, la magistratura, gli oppositori politici. Una strumentalizzazione demagogica e populista della xenofobia (soprattutto in riferimento all’eccezionale ondata di arrivi di stranieri nel nostro Paese) delle nostre paure più remote, che ha stimolato e fatto leva così sui nostri sentimenti peggiori, quelli più egoistici ed individualisti: il razzismo, la spregiudicatezza, la volgarità, l’indifferenza, la furbizia, l’arrivismo, la superficialità. Facendo aumentare il sospetto e la diffidenza tra noi. Due enormi fuochi che si sono rivelati poi in tutta la loro precarietà strutturale e debolezza ideologica, come i cosiddetti fuochi di paglia, che rapidamente divampano ed altrettanto rapidamente esauriscono la loro energia. Proprio come avvenne con il fascismo e con la seconda guerra mondiale, anche se oggi, non vi è per fortuna pericolo di guerre tra paesi democratici, perchè a sostituire le tensioni tra gli Stati sembrano essere subentrate i conflitti finanziari, invisibili alla maggior parte di noi ma che hanno gli stessi effetti, forse peggiori perché subdoli e indefiniti, delle guerre reali. Dunque una situazione di degrado culturale, politico ed economico che Franco Marini sintetizza dicendo che ”… L’Italia si trova a fronteggiare il momento più complesso della sua storia repubblicana…”. Una forte crisi della politica, che si manifesta in una crisi della partecipazione, dell’entusiasmo, della volontà di contribuire a determinare la politica nazionale, come accadeva un tempo.

In definitiva una ‘crisi dei partiti’ che non sanno più coinvolgere, apatici e stanchi. Che dovrebbero avere, (ma che non stanno dimostrando o stanno dimostrando a fatica) “la forza di reinventarsi, di rinascere”, di guidare ed incoraggiare progetti collettivi. Crisi dei partiti che ha scatenato il ciclone della cosiddetta ‘antipolitica’ (che sarebbe più corretto chiamare ‘antipartitismo’ perché di fatto fanno politica) che è ancora molto forte e che risucchia e sommariamente condanna, istigata da un giornalismo che, per interessi economici, oggi cerca più lo scoop che la verità, il sensazionalismo più che la narrazione obiettiva dei fatti, che spesso generalizza e istiga al giustizialismo più che alla Giustizia, al legalismo più che alla legalità. Un sistema di comunicazioni di massa che di fatto ha sostituito la funzione dei grandi partiti nell’incanalare le istanze politiche delle popolazioni e che finisce con il distorcere la realtà perchè ne rappresenta più che altro le cose negative. Antipolitica, o meglio antipartitismo, che è oggi rappresentato dal Movimento 5 stelle, come ieri dal Fronte dell’Uomo Qualunque. Antipartitismo a cui si deve guardare però con il dovuto rispetto, senza demonizzarlo né sottovalutarlo, perché è l’espressione di un disagio collettivo, di un disorientamento diffuso, di una disaffezione nei confronti della politica, di un certo modo di fare politica che non riesce più a rappresentare speranza, riscatto, libertà, progresso. ”…Grillo – dice Umberto Veronesi – è la conseguenza dello scollamento tra la democrazia che evolve verso forme partecipative (come dimostra la forza dirompente e la diffusione dei social networks come facebook, twitter, ecc) e una politica ancorata al principio di rappresentatività ed incapace di trovare soluzioni nuove a problemi nuovi …”   ed incapace di trovare soluzioni nuove a problemi nuovi. Quindi in definitiva una ‘crisi della democrazia’ nel nostro Paese, oggi debole e mediocre, in cui regna ”… la solitudine e la perdita del desiderio…” dice Giuseppe Roma, direttore del Censis. Una crisi della democrazia perché, dice Franco Laratta ”…La democrazia deve saper garantire gli interessi nazionali. Ma i partiti non funzionano e non c’è più il popolo, ma il pubblico. Non più l’elettore, ma il telespettatore…”. Siamo all’interno di una deriva finanziarista del capitalismo che sta facendo deragliare l’Europa e l’America, locomotive storiche del progresso mondiale. Albert Einstein diceva ”… La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie… ” Affinché però questo nuovo miracolo italiano avvenga, sono necessari 3 presupposti, che emergono dal testo e che di seguito sintetizzo: 1) Il ricorso ad una nuova responsabilità civica, di serietà, di partecipazione, di impegno, e passione da parte di tutti gli uomini e le donne liberi e forti (come diceva Don Sturzo) affinché la politica torni ad essere una scienza più che una grossolana astuzia. (come diceva Proudhon). Torniamo nei partiti e nelle associazioni, ridiamo vita e vitalità ad ogni sforzo di aggregazione sociale e di crescita culturale. Solo così possiamo pensare di riconquistare nei cittadini italiani fiducia, rispetto, onore, credibilità, simpatia, affetto in una parola AMICIZIA, (presupposto, quella tra governanti e governati – secondo Zagreblesky – della democrazia). 2)Investire in una soluzione vera e su più fronti (culturale, economico, infrastrutturale) del Mezzogiorno d’Italia. (come del resto ha fatto la Germania risolvendo il gap tra Germania dell’Est e Germania dell’Ovest – diverse in economia e società – in soli dieci anni). Per creare più posti di lavoro e far ripartire l’economia italiana. (E ‘ proprio di questi giorni la notizia che il Sud abbia superato il Nord come numero di aziende intestate a giovani sotto i 35 anni e a donne).3) Contribuire a fondare un nuovo modello di stato sociale che rimetta al centro non solo le forme di assistenza, protezione e sicurezza sociale per gli anziani (pur giustissime e che hanno contribuito a fare la grandezza delle democrazie occidentali), ma che dia incentivi, protezione e sicurezza ai giovani per entrare nel mondo del lavoro e realizzarsi umanamente e professionalmente. A livello nazionale, ma anche e soprattutto a livello regionale e locale. Uno dei nostri drammi oggi è proprio la disoccupazione giovanile, giunta ormai a livelli altissimi. Risolvere dunque la questione meridionale del Paese, per risollevare il Paese e rendere l’Europa più forte, contribuendo a risolvere una nuova questione meridionale, quella Europea. Quella cioè che sta vedendo i Paesi dell’Europa del Sud (Spagna, Italia, Grecia) pagare il prezzo più caro dell’unione monetaria e politica europea. 

Nel libro l’autore anela alla creazione degli ”..Stati Uniti d’Europa…” ovvero al superamento degli stati nazionali per passare ad un grande unico Stato federale. Un grande progetto politico condiviso, una vera integrazione sociale, una ”…grande Europa politica…”, e non solo più un’europa economica e finanziaria. Un’europa dei popoli e dei valori, prima che un Europa delle banche e delle monete. Prodi ha detto in un’intervista al Sole 24 ore tempo fa che ”…o ci si unisce politicamente e per davvero, o L’Europa esce dalla storia…” . Ecco allora l’esigenza di un nuovo risorgimento! Un risorgimento che faccia ”… tornare l’Italia ad essere una grande potenza culturale, la culla di civiltà e di progresso… ”, la pioniera di un nuovo modello di sviluppo e di organizzazione sociale e politica che faccia tornare l’essere umano, e la Sua preziosità, al centro dell’impresa e degli sforzi individuali e collettivi. E questo risorgimento da dove può partire se non dalla voglia di riscatto di noi italiani del Sud, dal nostro meraviglioso quanto maltrattato, forte quanto mortificato Sud, dalle nostre bellissime ma povere e tristi città? Si, dagli enti locali, dalle piccole comunità che deve partire la nostra rivoluzione democratica. Il processo di risorgimento del nostro Stato e del nostro Paese non può che non partire dal Sud, il nostro meraviglioso e maltrattato Sud, il diamante ancora grezzo del nostro Paese perché bellissimo e prezioso ma oppresso dalle incrostazioni sociali, ”… piattaforma geo-politica al centro del Mediterraneo… ”, dove poter sperimentare un nuovo modello di sviluppo e di organizzazione sociale, più equo e sostenibile, rispettoso dell’ambiente e degli esseri umani. A noi meridionali dunque, finalmente il momento del riscatto. A noi meridionali che, abituati a soffrire, serbiamo gelosamente nel cuore da decenni l’anelito di poter contribuire alla nuova vita del nostro Stato e del nostro Paese, alla IIIa Repubblica Italiana! E chi dovrà essere mi chiedo infine, se non noi democratici, noi progressisti, noi che crediamo nel valore e nella potenza della democrazia anche di rinascere, chi dovrà essere a stimolare, organizzare e guidare tali processi di riscatto e di rinascita?

Si, questo compito, oserei dire senza timore di esagerare questa missione, di farci interpreti di quel sentimento pubblico dei nostri concittadini (attraverso il quale – secondo Abramo Lincoln – tutto è possibile, niente può fallire) spetta innanzitutto a noi ‘progressisti del Sud’, per arginare questo degrado del nostro Paese, per salvare e ricostruire, difendere e riformare la nostra democrazia, ora confusa, scoraggiata, stanca e triste. Auguri pertanto a noi calabresi, ed a noi italiani, che nei momenti difficili sappiamo risorgere a nuova vita, con rinnovato impegno e coraggio per tornare a costruire cose grandiose per il bene di tutti.

Francesco Lo Giudice

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